Donatella Di Pietrantonio, L'arminuta
Donatella Di Pietrantonio, L'arminuta, Einaudi, 2017
(Ale)
La storia si volge a metà degli anni Settanta, in un paesino abruzzese, ma in un’atmosfera che sembra fuori dal tempo; è raccontata in prima persona dalla protagonista di cui non viene però menzionato il nome.
L’arminuta in dialetto abruzzese significa “la ritornata”. È una ragazzina tredicenne che viene rimandata, da coloro che lei ha sempre considerato suoi genitori, a vivere presso i genitori biologici in un paesino dell’entroterra abruzzese.
Negli anni successivi alla guerra in molte famiglie numerose e indigenti si usava affidare un figlio a un parente che potesse crescerlo come figlio proprio.
Da un giorno all’altro, però, l’arminuta scopre di non essere figlia delle persone con le quali è cresciuta e, cosa ancor più traumatizzante, si trova catapultata dagli agi e dal calore della sua casa in una famiglia povera di contadini composta da padre, madre, quattro fratelli e una sorella, che per lei sono estranei e che hanno abitudini diverse, che parlano un dialetto a lei sconosciuto e che sono privi di educazione e cultura.
La nuova famiglia le si mostra ostile; solo con Adriana, Vincenzo e il piccolo Giuseppe riesce a instaurare un rapporto.
Così la ragazza vive il trauma di due abbandoni e cerca disperatamente di scoprirne le ragioni e di riprendere i contatti con la “prima” madre, che però evita ogni contatto.
Tema dominante di questo romanzo è quello della maternità. Il rapporto con la madre biologica si rivela particolarmente difficile, rispetto soprattutto a quello tenero e di protezione vissuto con la “prima” madre, Adalagisa.
Il romanzo, inoltre, si sviluppa anche come una sorta di giallo, in cui l’arminuta è l’investigatrice e la sua precedente vita la vittima.
Questo è l’aspetto del romanzo che mi ha più coinvolto. La lettura è stata facile e veloce. È un romanzo che appassiona.
Donatella Di Pietrantonio vive in Abruzzo. Ha già pubblicato altri romanzi tra cui, nel 2014, Bella mia, con cui ha preso parte al Premio Strega. Con L'arminuta ha vinto il Premio Campiello 2017.
L’arminuta in dialetto abruzzese significa “la ritornata”. È una ragazzina tredicenne che viene rimandata, da coloro che lei ha sempre considerato suoi genitori, a vivere presso i genitori biologici in un paesino dell’entroterra abruzzese.
Negli anni successivi alla guerra in molte famiglie numerose e indigenti si usava affidare un figlio a un parente che potesse crescerlo come figlio proprio.
Da un giorno all’altro, però, l’arminuta scopre di non essere figlia delle persone con le quali è cresciuta e, cosa ancor più traumatizzante, si trova catapultata dagli agi e dal calore della sua casa in una famiglia povera di contadini composta da padre, madre, quattro fratelli e una sorella, che per lei sono estranei e che hanno abitudini diverse, che parlano un dialetto a lei sconosciuto e che sono privi di educazione e cultura.
La nuova famiglia le si mostra ostile; solo con Adriana, Vincenzo e il piccolo Giuseppe riesce a instaurare un rapporto.
Così la ragazza vive il trauma di due abbandoni e cerca disperatamente di scoprirne le ragioni e di riprendere i contatti con la “prima” madre, che però evita ogni contatto.
Tema dominante di questo romanzo è quello della maternità. Il rapporto con la madre biologica si rivela particolarmente difficile, rispetto soprattutto a quello tenero e di protezione vissuto con la “prima” madre, Adalagisa.
Il romanzo, inoltre, si sviluppa anche come una sorta di giallo, in cui l’arminuta è l’investigatrice e la sua precedente vita la vittima.
Questo è l’aspetto del romanzo che mi ha più coinvolto. La lettura è stata facile e veloce. È un romanzo che appassiona.
Donatella Di Pietrantonio vive in Abruzzo. Ha già pubblicato altri romanzi tra cui, nel 2014, Bella mia, con cui ha preso parte al Premio Strega. Con L'arminuta ha vinto il Premio Campiello 2017.
(Ale)
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