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Visualizzazione dei post da giugno 16, 2017

John Fante, Chiedi alla polvere

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John Fante, Chiedi alla polvere , Einaudi, 2016 (Edizione originale: Ask the dust, Stackpole Sons, 1939) Traduzione di Maria Giulia Castagnone In questo capolavoro della letteratura del Novecento c’è lo stesso scrittore e la sua vita. Arturo Bandini, il suo alter ego, protagonista di tanti altri romanzi, si racconta con semplicità e ci fa entrare nelle difficoltà di realizzarsi come scrittore e come uomo, nei momenti di sfiducia in se stesso, nella passione per Camilla la bella cameriera messicana e nel suo difficile rapporto con la religione. Siamo nella Los Angeles degli anni della Grande crisi e la polvere è quella delle strade del deserto. La California, con le sue strade, le sue spiagge, i suoi locali, i suoi motel, entra nel romanzo, non è semplicemente lo sfondo della storia. “Così l’ho intitolato Chiedi alla polvere , perché in quelle strade c’è la polvere dell’Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica

Raymond Queneau, I fiori blu

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RAYMOND QUENEAU, I fiori blu , Einaudi, 2014 (edizione originale: Les fleurs bleues, Gallimard, 1965) Traduzione di Italo Calvino “Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la sua situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I normanni bevevan calvadòs.  Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti. Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I normanni bevevan calvadòs.”

Philip Roth, Il lamento di Portnoy

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PHILIP ROTH, Il lamento di Portnoy , Einaudi, 2014 (edizione originale: Portnoy’s complaint, Random House, 1969) Traduzione di Roberto C. Sonaglia   Alexander Portnoy (il protagonista) si racconta al proprio psicanalista, in un monologo, un flusso di coscienza e nel riaffiorare di ricordi ed episodi legati soprattutto al periodo adolescenziale. Roth descrive, con verve comica e con la maestria di un grande scrittore, il disagio, la frustrazione di vivere in una famiglia americana di ebrei borghesi, benpensanti, religiosissimi e il rapporto difficile con una madre assillante e soffocante. Le confidenze, o meglio le lamentele di Alexander Portnoy, erotomane e nello stesso tempo succube della mentalità tradizionalista, ti fanno entrare nell’intimità della vita familiare e personale di un ragazzo adolescente che poi si fa uomo, ti rendono partecipe delle pulsioni sessuali e dei pensieri più profondi e “inconfessabili”. Una volta entrati nel suo mondo è difficile uscirne senza