Romana Petri, Il mio cane del Klondike
Il mio cane del Klondike è la storia di Osac un cane ricco di controindicazioni, un selvaggio che viene da lontano, indomabile e fuggiasco, sentimentale e al contempo ottuso nel suo amore donato senza riserve, ingombrante, binario e caotico come racconta il suo nome ma anche una créme glacée. Abbandonato dalla sua prima famiglia viene ritrovato senza vita ai bordi di una strada e riportato a forza ad una nuova vita fatta di spazi stretti, troppo per la sua prepotente esuberanza, di circuiti urbani inadatti al suo spirito selvaggio. Eppure nonostante tutto Osac a modo suo si adatta per amore, un amore senza riserve ma privo di sentimentalismi, un amore fisso e stabile, fedele, che non si consuma ed è per questo eterno.
<<Ciò che gli andava più a genio era essere una specie di mia appendice, una prolunga, un’altra come me ma con la testa e i sentimenti suoi>>
Gli uomini invece consumano i sentimenti, anzi spesso sono convinti che amare significhi cambiare la natura di ciò che amano, subentra in loro una natura salvifica e così anche un cane complicato può e deve, nonostante tutto, essere salvato. La natura prende però sempre il sopravvento e così l’arrivo di un figlio rimette in discussione la vita di un cane che pensava di essere stato finalmente salvato. Essere madre fa essere infedeli verso il mondo che ha preceduto il figlio.
<<E poi all’improvviso, in un’ora qualsiasi del giorno, pensavo ad Osac che oramai non stava più nemmeno più dietro alla porta a piangere. Si era rassegnato >>
Osac non accetta questa nuova ingiustizia e non avrebbe potuto farlo essendo animato da un sentimento assoluto e fedele totalmente disinteressato. Lasciato nella casa di famiglia perché troppo pericoloso per il “cittino”, Osac ritorna alla sua vita selvaggia vissuta in branco, torna a procacciarsi il cibo pur avendone a disposizione, diventa un pericolo per le pecore del territorio e rischia la morte per seguire il suo istituto. Ma ancora una volta la nostra natura salvifica ha il sopravvento e Osac, salvato ancora una volta da morte certa, viene messo in catena. Muore così prigioniero di un amore infedele, costretto a rinunciare alla sua natura libera ma nonostante tutto in grado di amare e di essere amato proprio dal “cittino” nel frattempo diventato bambino.
<<Esisterà una storia, tra il cane e il padrone, in cui il padrone avrà amato più del cane?... mai visto un padrone morire sulla tomba di un cane>>
Tiziana
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