Claudia Durastanti, Cleopatra va in prigione








Claudia Durastanti, Cleopatra va in prigione

Roma Est, tra Tiburtina e Torpignattara. 

Caterina, la protagonista del romanzo, narra la sua quotidianità, il suo fidanzamento con Aurelio, i suoi molteplici lavori: ballerina, spogliarellista, receptionist e truccatrice. 

Insieme al fidanzato e un amico aprono un night club, molto presto confiscato per spaccio e prostituzione. A pagarne le conseguenze è proprio Aurelio, incarcerato a Rebibbia. Caterina ogni settimana, il giovedì, va a trovarlo nonostante il loro rapporto si sia raffreddato. 

Prima dell'arresto infatti, aveva conosciuto un poliziotto, che ben presto diventerà il suo amante. Probabilmente è lui che ha arrestato Aurelio e fatto chiudere il locale. Questa relazione clandestina non la fa sentire in colpa:
È come avere due cuori, non uno solo e non uno in meno (…) non mi sembra di tradire Aurelio ma solo di far circolare più sangue e di diventare più forte, come una vampira che invece di mordere il collo si innamora. 

Mi ha incuriosito la scrittura di questo libro, un continuo avanti e indietro tra presente e passato e il passaggio, tra un capitolo e l'altro, dalla narrazione in prima a quella in terza persona. 

Caterina, 31 anni, è la Cleopatra del titolo, leggendo si attraversa il suo essere, i suoi difetti, le sue paure e le sue fragilità.

Roma e la periferia in questione fanno da sfondo alla storia, la città è

una matassa ingarbugliata di tangenziali e raccordi,una fossa di mattoni e sabbie mobili, fortificata dall'abitudine e dal futuro che non arriva.
Caterina è in continuo viaggio in questa città che la circonda, è alla ricerca di se stessa, una ricerca incompiuta...



Buona lettura!



(Alessia)

Commenti

  1. In questo romanzo l'autrice parla di Roma partendo dalle periferie; ma la sua è una periferia mentale, dell'anima. Si alternano capitoli in cui il personaggio si esprime ora in prima, ora in terza persona e rende così perfettamente il malessere di soggetti che vivono con fatica tra insoddisfazione e solitudine in una Roma periferica. Trascina il lettore dentro una storia sgradevole, ma in modo particolare, perché fa sì che il lettore non provi per il personaggio rabbia ma "umana pietas".
    Concludendo è un romanzo noir, con una grande capacità di introspezione nell'intimo dei personaggi e la storia alterna presente e flashback in modo intenso e struggente.
    Francesca

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  2. Per me al centro di questo romanzo, come dice anche Alessia, c’è Caterina, non tanto la periferia romana; Caterina che vive in una periferia, che potrebbe essere di una qualunque città.
    Di Caterina veniamo a sapere tutto, anche i pensieri più intimi e le debolezze, scopriamo una personalità forte, una consapevolezza che ha solo degli attimi di cedimento.
    «Mia madre dice che ho la capacità di fulminare le lampadine con lo sguardo e di invertire il moto dei pianeti, anche se non ho mai voluto dei superpoteri e non sono una calamità naturale. Però a volte credo davvero di essere un’eroina, soprattutto se penso a come ho reagito quando mi si è fratturata l’anca: non ho mai raccontato a nessuno come è successo; detesto lamentarmi e questa è la forza che mi tiene insieme. […] Dare la colpa agli altri mi fa sentire gelatinosa e sporca».
    L’episodio della frattura all’anca, che la protagonista definisce “incidente”, ha fatto discutere alcune di noi perché, anche se non ne è chiarita la dinamica, sembrerebbe proprio un caso di violenza. Ci si aspettava una connotazione negativa data all’episodio, almeno da uno dei personaggi della storia, se non dalla scrittrice. In questo romanzo, però, è Caterina che parla e, anche quando la storia è resa in terza persona, la protagonista è lei e non viene fuori l’autrice.
    Io penso che in fondo sia giusto così, che questo romanzo sia un flash su una storia come tante ve ne sono, in cui c’è una donna che si crede un’“eroina” perché sopporta, che rimane con un uomo perché: «È una cosa che va oltre tutto. Non si può neanche chiamare amore. È una cosa che è sempre…». Chi legge è libero di esprimere giudizi e forse il bello di questo romanzo è proprio il fatto che susciti reazioni forti. A me è piaciuto anche per questo e perché si riesce ad entrare direttamente nelle emozioni che Caterina e le persone che le ruotano intorno provano.
    Mi è piaciuto anche lo stile asciutto e senza fronzoli dell’autrice, che ha espressamente dichiarato in un’intervista di aver voluto semplificare al massimo lo stile narrativo, anche per dare risalto alla storia e mettere da parte la scrittrice.

    Ale

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